Il furto dell'oro venezuelano: la via del saccheggio ufficiale
Il furto dell’oro venezuelano viene calcolato in ogni minimo dettaglio e conta con la partecipazione del governo Maduro. Il ritrovamento di un carico di lingotti ad Aruba ha reso evidente una serie di rotte aeree che fungono da percorso clandestino per portare fuori l'oro venezuelano attraversando le isole dei Caraibi neerlandesi verso destinazioni come l'Europa e Dubai. La Banca Centrale del Venezuela è l’ente che dovrebbe garantire la commercializzazione dell'oro ma è rimasta intrappolata in una rete di corruzione, dimostrando il fallimento della politica chavista di nazionalizzare questo materiale strategico per controllare il traffico illegale . Gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni per impedire operazioni vincolate alla catena di estrazione e commercializzazione del minerale e alla quale partecipano siano i militari, che le compagnie pubbliche e private, gruppi criminali locali e la guerriglia colombiana. Si è di fronte ad un contesto di stragi, complesse operazioni di riciclaggio di denaro che ingrossano le tasche di alcuni e danni ambientali ad un territorio che è Patrimonio dell'Umanità.
Pista di decollo
"Il regime di Maduro ha utilizzato questo settore come roccaforte per finanziare le attività illecite e appoggiare i gruppi criminali". Le parole sono di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale del governo Trump, e faceva riferimento all'uso che il capo dello stato venezuelano ha dato all’estrazione di oro in questo territorio. Dal momento in cui si fa questa dichiarazione, l'1 Novembre 2018, l'America vietava i propri concittadini e aziende di fare affari che avessero a che vedere con l'oro proveniente dal Venezuela su pena di sanzione.
Nove mesi prima di quella sentenza, un passo falso rivela la gestione della miniera aurifera nel governo Maduro: nel febbraio 2018, all'aeroporto Reina Beatrix di Aruba, sono state sequestrate 46 barre d'oro che pesavano 50 kg proprio quando una guardia della dogana venezuelana le portava a bordo del volo KLM verso Amsterdam.
Quel carico, valutato in 2,1 milioni di dollari, veniva da Maracaibo, ovest del Venezuela, e la destinazione finale era Dubai, negli Emirati Arabi. Nonostante ci fosse un blocco imposto dal governo venezuelano contro le isole ABC (Aruba, Bonaire e Curaçao), per porre fine al contrabbando d'oro, rame e alimenti, i lingotti sono comunque arrivati in aereo ad Aruba.
Nell'apice di queste irregolarità, viene rivelato un nome. Il venditore delle barre d'oro inviate ad Aruba ha nome e cognome: Oro Azul S.A, una delle compagnie miste create dal governo Maduro per lo sfruttamento delle risorse nell'Arco Miniero dell'Orinoco.
Il fatto non solo mette in evidenza un percorso di fuga dell'oro venezuelano ma conferma anche la partecipazione del governo nel traffico illegale dell'oro, dal momento in cui usa la figura di un'industria statale per formalizzare la sua commercializzazione internazionale. A due anni dal rilancio dell'Arco Miniero, si calcola che il 30 % di ciò che si dichiara al BCV (Banca Centrale del Venezuela) come produzione artigianale e nazionale, viene deviata alle mafie, secondo Transparencia Venezuela.
Il processo di lavorazione dell'oro estratto dalla miniera illegale. Foto: Lorena Meléndez
Runrun.es ha fatto il percorso di “fuga” dell'oro venezuelano attraverso le isole ABC che servono di scalo prima di arrivare alle mani degli acquirenti internazionali. Ha anche percorso i territori in cui l'oro estratto dall'Arco Minero viene lavorato e ha anche visitato i centri urbani nel Nord dello Stato Bolívar dove "si raccolgono" i lingotti nei commerci informali del metallo. È andato in aereo fino ad Aruba e Curaçao dove l'oro venezuelano arriva, viene registrato e poi viene mandato in voli commerciali nelle raffinerie della Svizzera e Dubai.
La ricerca ha anche ricavato nuovi dati su Oro Azul: Jorge Arreaza, ex genere di Hugo Chávez e attuale Cancelliere della Repubblica. I membri del consiglio di amministrazione della statale Oro Azul sono fortemente legati alla figura di Arreaza, dato che per un breve periodo di tempo è stato Ministro dello Sviluppo Minero Ecologico.
Mentre il governo non faceva altro che pontificare lo statalismo dell'oro ha anche creato una rete di sfruttamento, commercializzazione e negoziazione dove lo Stato non era il beneficiario ma un gruppo ridotto facente parte di quel cerchio di potere, il quale ha legittimato tutte le operazioni per giustificare le entrate nella BCV di un paese in bancarotta.
Ci sono almeno sei aziende, simili a Oro Azul, che lavorano nel campo dello sfruttamento dell'oro con il consenso del governo, i proprietari di queste aziende hanno compagnie straniere che gestiscono la commercializzazione dell'oro, sebbene la legge venezuelana stabilisca che il metallo prezioso debba andare direttamente alla cassaforte della Banca Centrale del Venezuela.
“Con questo saccheggio non solo rubano patrimonio ai propri connazionali ma anche è un qualcosa che ha avuto grandi conseguenze ambientali”.
John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale del governo Trump
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Nel 2011, durante il governo Chávez, viene decretata la legge di nazionalizzazione dell'oro con l'obiettivo di porre fine al contrabbando ed eseguire l'attività aurifera per il benessere di tutti i venezuelani. Tuttavia il sequestro di quei 50kg d'oro venezuelano ad Aruba, così come i disastri dello sfruttamento miniero a sud dello Stato Bolívar e i vuoti legali sulla sua commercializzazione, ne dimostrano il totale fallimento.
La chiusura del confine con le isole ABC e l'arresto del venezuelano che portava quei 50 kg d'oro ad Aruba hanno reso evidente la complessa struttura di estrazione e commercializzazione dell'oro. Tra gli eventi si possono contare l'arresto a Curaçao del venezuelano Archak Bedrossian Liberatoscioli, trader dell'oro con molta esperienza nel settore, e la messa in atto dell'operazione "Manos de Metal", destinata proprio per "combattere le mafie di contrabbando di estrazione dei minerali" in Venezuela. Il governo Maduro lontano dal dimostrare un vero interesse per porre fine alla fuga dell'oro, secondo gli esperti, è interessato a sostituire quei gruppi di grandi organizzazioni criminali che si nascondono dietro questo affare illecito.
Intanto, un velo di oscurità offusca le cifre di esportazione dei minerali nel paese. Non vi sono dati ufficiali della quantità d'oro che si trasporta dal Venezuela verso Curaçao e Aruba, nemmeno della quantità che entra a queste isole. L'unica cosa di cui si ha un registro è dell'oro di Curaçao e Aruba, sebbene in queste isole non esistano né miniere aurifere, né sfruttamento, né raffinerie. Ufficialmente, non si è a conoscenza di quanto ne viene prodotto in Venezuela, né di quanto di quel totale viene venduto all'estero e, nemmeno, dove viene esportato.
Uomini e donne attraversano la piazza Bolívar di El Callao verso i giacimenti. Foto: Lorena Meléndez
Quello che si sa è che il processo di estrazione e commercializzazione è gestito da organizzazioni criminali e l'oro proviene da un territorio sommerso dalla violenza.
Le organizzazioni criminali dei Pranes - termine che proviene dai carceri venezuelani, usato per designare i leader criminali- e i guerriglieri hanno il totale controllo delle miniere del sud dello Stato Bolívar, imponendo le proprie "leggi" con violenza, fatto verificato con i 40 massacri accaduti dal 2016 conseguenza della rivalità tra questi due gruppi, i quali sono strettamente legati ai militari di alto rango e, addirittura, ai leader politici della regione.
Ciò che succede dentro queste miniere viene ignorato dai paesi destinatari o dai beneficiari come l'Olanda, la Svizzera, il Belgio e la Turchia, paesi che fanno parte dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), istituzione che obbliga i propri membri a monitorare i rapporti commerciali con le nazioni considerate "Stati in conflitto". Ciò vuol dire, quelle nazioni caratterizzate dall'instabilità politica, repressione, fragilità istituzionale, abusi gravi e generalizzati contro i diritti umani, come il Venezuela, un paese ricco in oro, metallo che è nel mirino di sanzioni internazionali per il suo nesso con la corruzione, criminalità e distruzione dell'ambiente.
Traduzione Anaida Sanguino Cárdenas
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